“Combatteremo per la nostra patria, la nostra terra che è l’unica che abbiamo, la nostra libertà, indipendenza e sovranità”: lo ha detto il presidente Vladimir Putin in occasione dei 1.160 anni dalla fondazione dello stato russo, citato da Tass.
La mobilitazione parziale in Russia prevede il richiamo di 300.000 riservisti. Si tratterà di uomini che hanno già servito nell’esercito, con esperienza di combattimento e specializzazioni militari. Sono esclusi i militari di leva. Lo ha detto il ministro della Difesa Serghei Shoigu, citato dalla Tass, aggiungendo che scopo della mobilitazione è “controllare i territori liberati” in Ucraina.
I precedenti
È la terza volta nella storia che la Russia dichiara una mobilitazione dopo il 1914 e il 1941. “È urgente e necessaria”, dice il leader del Cremlino nel discorso televisivo preregistrato, prima di accusare l’Occidente di voler “distruggere il nostro Paese” e sottoporre Mosca a “ricatti nucleari”. Stavolta non c’è nulla di pianificato. È la mossa azzardata di un leader che per mesi aveva ripetuto che “andava tutto secondo i piani” e che invece si è ritrovato messo all’angolo.
Le esenzioni
Saranno esentati studenti universitari e militari di leva, ma i contratti dureranno finché sarà in vigore la mobilitazione. Unici motivi di licenziamento: limiti d’età, malattia, carcere. Tanto che sui social gira una nuova battuta: “Un tempo c’erano tre vie d’uscita dalla depressione: gli aeroporti di Vnukovo, Domodedovo e Sheremetevo.
Le proteste
C’è anche chi scende in piazza rispondendo all’appello del movimento Vesna (Primavera) anche se la mattina la procura di Mosca ha ricordato con tempismo non casuale che ora si rischiano fino a 15 anni di carcere. Sono pochi, ma coraggiosi. A Mosca si riuniscono nella Vecchia Arbat. Gridano Peremen, “Cambiamenti”, dalla canzone di Viktor Tsoi, o lo slogan proibito di otto lettere.